mercoledì 12 marzo 2014

Diventa un catopleba anche tu


(di identità sessuale, sesso biologico e scelta da donna) 
Un conto le quote di genere sessuale, altro quello delle identità di genere. Nelle istituzioni si rappresentano in fin dei conti diverse identità. Meglio il bicameralismo giovani/vecchi con "sbarramento anagrafico" (sto parlando dell’attuale Senato) piuttosto che un "bicameralismo di genere" tipo camera dei Lord e camera delle Lady? Perché non potrebbe essere questa la soluzione per far funzionare meglio le istituzioni? Ma ci preme il punto di vista donna freakkettonamente parlando oppure ci interessa che non sia una discriminazione essere donna? Che non sia un ostacolo? E allora davvero questo Stato, ammettiamolo, è governato da quelli che negli Usa si chiamano wasp (che significa vespa, ma è acronimo white anglo saxon protestant, ndr). Bianchi uomini over 50 con uno spiccato senso del machismo, alcuni particolarmente maschilisti, cattolicissimi. Anche le donne, sono più o meno così, ricalcando un modello che è l’unico che ti permette di fare strade. La donna con le palle, maschilista. Ed il femminismo non può ridursi a pelo sotto l’ascella, ma piuttosto è lo spirito con cui muovi e usi il tuo corpo, che tu sia uomo o donna, che tu sia pelosa o depilata. Quello che conta davvero è l’intenzione, come affronti le questioni, perché ogni volta compi una scelta se essere conforme al modello dominante o esserne la critica. E non sto riducendo tutto all’anticonformismo che poi diventando anticonformismo per partito preso diventa conformista pure quello, diventa freakkettonaggio spinto. Si parla di individuare sottotesti culturali che cambiano ormai molto rapidamente, bisogna analizzare linguaggi e contesti; bisogna essere un po’ antropologi, lo ammetto. 
Le domande che io mi pongo oggi che si dibatte di quote rosa  sono: che cos’è che differenzia uomo e donna? Cosa impedisce alla donna oggi veramente di avere pari opportunità di scelta? A quando il riconoscimento dell'essere mamma, pertanto? a quando crescere il proprio figlio sarà un valore anziché un ostacolo? Un figlio ti "occupa" il corpo gli ultimi tre mesi di gravidanza e i primi sei di mammella? finisce tutto con una disciplina dei corpi foucoltiana che manifesta il suo potere in questo modo? Che vuole la donna un individuo che trova spazio si tramite la quotarosa, ma rinuncia comunque all’essere madre, ovvero facendosi uomo/macchina da lavoro? Questa narrazione mi sembra che porti al considerare la famiglia null’altro che un ostacolo allo sviluppo delle proprie potenzialità individuali: come ben sa chi è alienato dal lavoro, come quei padri troppo occupati per fare una carezza ai figli, come quegli uomini in carriera un po’ troppo ostacolati ad una vita emotiva piena e soddisfacente. Dobbiamo trasformare la donna in questo, o trasformare invece l’uomo in un animale più libero in tal senso, per avere una società più giusta? il fine ultimo è quello della società più giusta o quello della società più produttiva? Si convertono i rapporti interpersonali in contratti (in nero) economici. La badante per il vecchio, la donna delle pulizie della casa, la babysitter/asilo nido per i figli. No alle quote rosa, no agli asili nidi, che risolvono il “problema bambino”, il “problema famiglia”. Fare la mamma (o il papà, sia ben inteso) è una scelta di pari dignità rispetto alle altre, oggi? Lavorare è una necessità o un effettiva scelta della donna? Quante donne sono paradossalmente ostacolate nel fare un percorso lavorativo che non è altro però che dettato da necessità, anziché essere una libera scelta? quanto è stato modificato l'assetto della società declassando e degradando il mestiere di casalingo accuditore de mi nonno e de mi fio? Se parità è di genere (nelle opportunità e non nella tutela a mo di specie protetta) e non di identità (che si chiamano diritti civili, quelli si da tutelare contro la sopraffazione), la vera opportunità negata alla donna (in quanto ‘possessora’ de utero/mammella pertanto, che la differenzia dall'uomo in quanto specificità biologica) di oggi è essere mamma quando si ha voglia di esserlo e per il tempo che si desidera esserlo, senza sentirsi improduttive (sic!) e un peso per la società, per lo stato, per il datore di lavoro, che ha portato al dramma "non faccio figli perché costano" oppure "vorrei farne un altro di figlio ma col lavoro faccio già fatica a stare appresso a uno". Dramma vissuto da tutte le giovani coppie in cerca di una stabilità che non arriva mai. Non è mai il momento tranquillo per permettersi  un bambino, perché la famiglia in una società produttiva mirata al profitto immediato è un peso improduttivo, come è un peso la formazione infatti. Pensare al futuro, pensare donna, alla prosecuzione del mondo come della specie, non può significare continuare a camminare nel solco di questa sovrastruttura culturale che vede premiate le persone macchina da produzione di profitto anziché di vita. Sarebbero oneste e paritarie politiche per la famiglia e per la parità di genere, affitti agevolati per giovani coppie, lo stipendio per le casalinghe/i nella misura del numero di figli e dell’età degli stessi con annesso contributo aggiuntivo se in famiglia è presente quello che oggi è considerato un’accollo: il nonno. E contratti garantiti. 
Può sembrare reazionario essere conto gli asili nido e le quote rosa, ma la battaglia culturale che si svolge è su questo concetto qua: parità di genere come omologazione della donna all’uomo, maschilizzazione delle donne e della società, improduttività affettiva in cambio di una produttività economica, economicizzazione dei rapporti. Pallide agevolazioni conquistate molti anni fa e che stanno perdendo il loro ruolo centrale, sono le vere vittime di questo processo e noi non ci rendiamo conto che la questione femminile, la questione bamboccioni choosy, la questione dei vecchi, sono tutte questioni di diritti civili della legittimità che si concede agli affetti (si parla di figli, di nipoti, di amore). L’affetto è un lusso che non possiamo permetterci? Davvero il problema dello sviluppo della persona (in questo caso donna) è la maternità? 
Vorrei rivendicare il diritto che il lavoro è in second’ordine rispetto al mio essere figlio, padre, marito. Che sono scelte possibili, legittime, onorevoli, giuste. Che sono un vero e proprio lavoro che fa bene alla società e che sono altresì scelte impraticabili per chi le vuole compiere in base ad un non detto (ma molto chiaro) concetto che sottobanco si insinua nelle nostre menti e nella nostra cultura: sono scelte meno dignitose perché improduttive di PIL. 
Fare la casalinga (o casalingo, ovvio) che tiene in cura i propri figli e i propri genitori e/o suoceri, deve tornare ad essere una scelta libera e non un peso da cui fuggire. Non bisogna far si che la donna sia costretta a vedere il figlio come un ingombro del proprio corpo a cui (il bambino, sic!!) impedisce di essere lavorativamente produttiva. Ristabilito questo concetto, questo diritto, non ci sono quote che tengano. La questione è infatti di diritti civili di chi vuole spendere la propria vita diversamente dall’uomo Cristiano Avido Tracotante Occidentale Produttivo Leccaculo Eterosessuale Bianco Anaffettivo. Se non sei in questa categoria, la disciplina dei corpi ti spinge in quella direzione come fosse l’unica possibile, l’unica scelta vincente, l’unica con dignità. Per questo solo le donne potrebbero salvarci, se la smettessero di voler essere uomini.





Diventa anche tu uno squallido uomo, rinuncia alle tua scelta, diventa un CATOPLEBA

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