venerdì 31 maggio 2013

te lo do io il logos



 IL principio era il Logos, il Tao se sei cinese anziché greco, l'Aum se sei indiano o se volete il Dharma se sei buddhista. Ne potremmo aggiungere altri, magari conoscendo meglio il mondo, perché forse questo concetto inspiegabile, a cui tutte le parole che gli vengono associate risultano banali, è qualcosa che ha a che fare intrinsecamente all'essenza dell'uomo. Volendo infatti si può partire da Zarathustra. Indubbiamente ciò che contraddistingue questo concetto è il divenire, una fugacità che è data dal presente mai esistente, che un attimo prima è ricordo del passato e il momento dopo è aspettativa per il futuro, è probabilmente quindi la molla ultima che manda avanti l'uomo, quel motore immobile ... o meglio che se muove da solo senza nessun altro che lo spinge, dato che fermo non ci sta mai! il divenire non sta fermo mai, senza che qualcosa lo spinga, il tempo scorre. Sintetizzato da un me di tanto tempo fa, dum loquimur, panta rei. Accorpando le due celebri frasi di orazio e di eraclito sul tempo. Senza dilungamenti possiamo affermare che queste due massime, lungi dall'essere pessimistiche, colgono il senso del logos: senza confidando nel domani, cogli l'attimo, il presente. Il divenire delle cose. Inno al vitalismo, potremmo definirlo. Dialetticamente questo è null'altro che socrate, null'altro che porre dubbi e domande, perché nulla è certo e tutto passa per l'esperienza che solo il tempo fornisce, se messo bene a frutto. Allora esperisci il mondo, vivi per mettere a frutto il tuo tempo, conduci un vita di divenire. Lo stadio di sapienza socratico è questo, confrontarsi costantemente per scoprire che tutto è dettato dall'esperienza e l'univocità del tempo: se fai questo non puoi fare quello, se misuri la velocità non puoi misurare la posizione di una particella, direbbe heisenberg, la non esistenza non solo del presente ma nemmeno della contemporaneità. Esiste solo un modo di esser-ci. L'uomo ha in sé questo senso tremendo di perdita di tutto il resto, di sgomento di fronte al sapere delle cose, perché l'unica cosa che può sapere è la sua medesima vita, in cui pure se farà moleplici esperienze, rimarranno sempre estremamente limitate.  L'unica cosa certa è infatti il dubbio. Il modo più ingordo di esperire il mondo è ovviamente il dialogo in cui si possono fare scorpacciate di sapere altrui. Ma più si esperisce e più ci si rende conto che esisterà sempre un ulteriore punto di vista, un altro individuo che sa qualcos'altro di diverso, che avrà visto qualcos'altro osservando il nostro stesso mondo. Questo è il senso de "Il vero sapiente è colui che sa di non sapere": Socrate passa infatti una vita ad essere discepolo, altro che maestro! Ma cos'è dunque questo logos? questo divenire? come può accadere il divenire? ciò che lo fissa nella parola è certamente limitato, quello che lo mitizza lo stratifica e lo inchioda ad un presente che un attimo dopo è passato e non coglie mai la dimensione futura. Il logos infatti è ansia, aspettativa, incertezza, paura. Logos è l'unica cosa che le comprende tutte, citando maldestramente eraclito. Il logos è la molla del divenire, quello che ti spinge al futuro, quello infatti molti considerano dio. L'eterno presente: quella cosa che non diventa mai passato pure mentre scorre il tempo e che non è mai futuro perché futuro non si può essere. Cos'è che ci dà determinazione nel fare cose infine? indubbiamente la capacità di poterlo immaginare questo futuro, la fiducia più o meno forte che io possa domani viverlo quel futuro. Pensabile e possibile. Questo ci dà coscienza del futuro a cui andiamo incontro, ci dà coscienza del divenire. In più potremmo aggiungere un terzo elemento, la desiderabilità. Tenderò al futuro che reputo desiderabile, cercando di sfuggire a quello ineluttabile anche se fosse il più probabile, qualora non fosse desiderato. Questa desiderabilità impone certo una capacità di giudizio che abbiamo acquisito con l'esperienza di vita e una capacità di non rassegnazione. Ma cosa ci dà questa capacità? la volontà e la determinazione di non rassegnarci? la fiducia nelle proprie capacità di indirizzare il futuro, di scegliersi la vita (quisque artifex fortunae suae, che non so chi l'ha detta o se l'ho scritta bene, ma me la diceva sempre il mio prof quando non avevo studiato).  Pensabile, desiderabile, possibile, sono caratteristiche di questo logos? di questo divenire? sono caratteristiche del pensiero, piuttosto. Non cose esistenti. L'agire umano, il vivere, le rende attuali e non potenziali. Il logos è infatti la vita stessa, non è meramente pensiero, in quanto il pensiero non esiste in maniera materiale. Il logos è vita, è quello che un vivente fa e nel caso dell'uomo che è un essere pensante, sceglie. La scelta che infatti è indicata da quelle caratteristiche sopra dette, tramite una azione di volontà. L'incoscienza è una scelta, una volontà, non ci sono scusanti di ignoranza, come il silenzio nell'eloquio o la pausa nella musica, l'incoscienza è una scelta di essere. Come la morte è uno stadio della vita. Due cose opposte fanno parte della stessa entità ovvero sono solo gli estremi di un campo d'azione concepito. Ma ancora, cosa muove questa volontà, determinata da una scelta su un campo di azioni possibili, pensabili e desiderabili? cosa muove il logos e lo qualifica? cosa rende il logos fin qui descritto, vero logos degno di venerazione? Perché fin ora siamo passati da concetto in concetto ma ancora il pensiero non è diventato azione, non si è esplicato. Cosa fa fare all'uomo quel salto? quante volte hai desiderato un futuro, eri determinato, lo volevi davvero, ma non sei riuscito a muoverti? non basta sapere cos'è il giusto, per riuscire ad compierlo. D'altronde cos'è il giusto? rimarremmo impallati se ci soffermassimo su questa domanda! ci vuole infatti quel non so che di vitale, di dionisiaco, di demonico, di sconsiderato e (verrebbe da dire) incosciente, quell'impulso, istinto non razionale che ci fa sentire che è giusto senza dover speculare sul giusto, che ci fa fare concretamente divenire. Ma caso, istinto, irrazionalità: qual è sto logos? quid est? cosa ci fa divenire in maniera furibonda dopo aver pensato? quel demone, quel dioniso, quel eros (non a caso potremmo dire quel socrate)? a mio parere, null'altro che la passione (il fuoco, direbbe sempre il buon eraclito?). Seguire la passione è quella cosa che ti fa stare bene nelle scelte che fai, anche quando sono insensate, figuriamoci se sono sensate. Trovare il bello nelle cose che vogliamo che accadano, il divertente, l'erotico, significa indirizzare il divenire delle cose ed apprendere da esse il più possibile, succhiare il nettare di un vivo sentimento. Studiare può essere una peso fortissimo: se non siamo mossi dalla passione, non brilleremo neppure imparando mnemonicamente i manuali di cui indubbiamente capiremo poco.
 La passione è l'elemento unico che accomuna tutte le cose e che diversifica il divenire meccanico, ma comunque ugualmente guidato da volontà e determinazione (una pianta alla quale indubbiamente "piace" fare fotosintesi dacché segue meccanicisticamente il sole) da un divenire tipico di chi è meno passionario  (gli animali raramente seguono il piacere fine a sé stesso, quando troviamo questa caratteristica ci sembrano quasi umani!). E infine dal divenire più proprio dell'uomo (quello appunto caratterizzato dalla passione per le cose che fa). L'uomo solo infatti, ma non tutti allo stesso grado, attenzione, mette "amore" ovverosia passione, nel divenire che compie, compiacendosi lui solo di aver avuto il libero arbitrio di poter pensare, desiderare, scegliere quello che fa  (ecco il piacere fine a sé stesso, come qui è inteso).

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